L'agronoma Isabella Dalla Ragione lavora per la salvaguardia di 440 specie di alberi da frutto estinti, raffigurati nei dipinti rinascimentali e racconta la storia incredibile della Santa Veronica Giuliani, le cui stimmate sanguinarono per ben trent'anni fino alla morte; i medici d'allora verificarono nel luglio 1727, durante l'autopsia, che il suo cuore era trafisso da parte a parte. Oltre a ciò, la Santa aveva l'abitudine di farsi legare a un pero sotto la pioggia nelle notti d'inverno per espiazione. Di quell'albero rimangono oggi solo il tronco custodito tra le reliquie presso il monastero delle clarisse cappuccine della Città di Castello, dove la Santa fu badessa.
L'agronoma Isabella Dalla Ragione a 55 anni è riuscita ad ottenere le marze del pero che le hanno permesso di coltivare nuovamente la varietà storica nei pressi della Chiesa del 1300 a San Lorenzo, sulla collina di Lerchi a Città di Castello, dove sono sepolti anche la nobile Rosa Mancini che fu colpita dalla peste nel 1799 e Nazzareno Laurenzi, deceduto a 23 anni nel 1799, il quale fu sconsacrato dai frati ma nonostante ciò fu amato per lo spirito religioso.
In questa terra di Santi, tra 7 ettari di terra con frutteto, vigneto, bosco e vivaio, si trovano i 440 esemplari di 150 varietà di alberi da frutto sopravvisuti all'estinzione: "dalla ciliegia bella D'Arezzo, al fico permaloso, dalla mela culo d'asino alla pera briaca d'inverno, dalla susina scosciamonaca alla pesca di Papignom, dall'uva delle vecchie al sorbo domestico, a altri preistorici tipi di mandorli, noci, nespoli giuggioli, azzeruoli, meli cotogni, cornioli", di cui rimanevano solamente le memorie su dipinti e affreschi rinascimentali, secondo i libri e la rubrica sul mensile Gardenia, i quali sono curati dall'esperta nel podere che fu acquistato da suo padre.
Dopo essersi laureata all'Università di Perugia, Raffaella Dalla Valle trascorse due anni in Vietnam, lavorando per il recupero di varietà di mango per conto dell'Istituto Nazionale di Ricerca USA. Oggi si occupa della salvaguardia dei meli di Kolomna nei pressi di Mosca in una delle chiese distrutte nel periodo sovietico ed è anche consulente delle Regioni Lazio, Marche ed Emilia Romagna e per il reimpianto della mela cabellotta in Alta Valle Scrivia per il Comune di Valbrevenna (Genova).
In tutt'italia ci sono numerosi altri frutti antichi degni di nota:
Piemonte, Castagno di Mindino. Un vecchio di oltre 500 anni e 6,7 metri di circonferenza, unico e raro, estremamente prezioso per l’alimentazione delle antiche popolazioni montane.
Lombardia, Fico Brianzolo. Descritto addirittura nell’Ottocento da Gallesio, questo fico nordico, a differenza di tanti altri, si essicca sulla pianta. In passato, veniva conservato infilzandolo con un ramo di salice, poi chiuso ad anello e appeso alle travi di casa.
Liguria, Olivo di San Remo. Si pensa che sia l’antenato dell’Oliva Taggiasca. Date le grandi dimensioni, veniva utilizzato dai marinai vicini alla costa come riferimento.
Valle d’Aosta, Vite di Farys. Di oltre 300 anni, è un vitigno autoctono chiamato Petit Rouge e produce piccoli grappoli. Si è adattato a vivere in zone alpine, notoriamente non ideali per la coltivazione della vite.
Trentino Alto Adige, Vite di Prissiano. La più grande e più antica vite del mondo. Si trova in un ambiente estremo per questa coltura, ma sopravvive da sempre indenne. Per questi motivi, il suo germoplasma deve essere salvaguardato: è infatti tutelata dalla Regione Autonoma del Trentino Alto Adige.
Friuli Venezia Giulia, Pero da Sidro. Molto antico, tanto quanto il succo di sidro che si può ottenere in grandi quantità dalle sue pere. Inoltre, i suoi fiori sono spettacolari.
Veneto, Pero Festaro. Grande qualità dei frutti, che venivano coltivati soprattutto in passato. Questi possiedono elevatissime proprietà organolettiche e hanno una buona conservabilità.
Toscana, Uva Vecchia. Di colore rosa antico, apprezzata per la vinificazione, ma anche come uva da tavola. Le sue viti sono state però soppiantate da vitigni di nuova generazione, più produttivi.
Umbria, Olio di Trevi. Olivo millenario, ha mostrato nei secoli grande resistenza alle avversità climatiche, ai rigidi inverni e ai parassiti. Dicono che il suo olio sia molto pregiato.
Marche, Mela Uncino. Un albero dimenticato, che produce frutti dolci e degni di nota. La mela uncino è una di quelle varietà da riconsiderare.
Abruzzo, Pera Trentatrè. Un frutto antico, già conosciuto nel Settecento. Il suo nome potrebbe riferirsi al peso, essendo un frutto di grandi dimensioni.
Molise, Mela Limoncella. Si conserva facilmente ed è difficilmente deteriorabile. È purtroppo conosciuta e apprezzata solo a livello locale. Interessante per l’agricoltura a basso impatto ambientale perché fiorisce tardivamente, è molto resistente al freddo, l’epoca di maturazione va da ottobre a novembre e, appunto, la lunga conservabilità.
Lazio, Uva Pergolese di Tivoli. La Pergolese era il tipico vitigno del pergolato, capace di fiorire fino a tre volte in un anno. Ci riporta a una delle più antiche uve da tavola.
Campania, Pera Lardara. Frutto antichissimo, coltivato raramente. La pera si raccoglie ancora acerba e viene fatta maturare in cantina, sott’acqua, in un’anfora di terracotta caratteristica chiamata pirànna (che contiene pere). Può essere mangiata subito o conservata per tutto l’inverno. Ha un sapore dolce, e in passato si usava per coprire l’acido dei peperoni, oppure il salato delle acciughe, oppure ancora l’acre delle olive verdi.
Basilicata, Arancia Staccia. Ha una dimensione e una forma sorprendenti: appiattita e a forma di disco, può raggiungere anche un chilogrammo di peso. La sua buccia è ideale per i canditi.
Calabria, Arancia di Trebisacce. Ha una maturazione tardiva, ma mantiene le sue proprietà organolettiche invariate per diverso tempo. Ideale per le spremute.
Sicilia, Uva di Corinto. Vitigno bianco. Uva antichissima, ritenuta estinta da secoli in Grecia, terra d’origine. Caratteristiche organolettiche particolari ricchezza di zuccheri, la rendono interessante sul mercato, soprattutto in campo pasticceria.
Sardegna, Vite Selvatica. I suoi progenitori sono oggi a rischio di estinzione, quindi da tutelare e studiare per i rapporti tra questa, selvatica appunto.
Fonti:
Lorenzetto, S. Settembre 2013. La Indiana Jones degli alberi alla ricerca del frutto perduto. Il Giornale.
Caligiuri G. Settembre 2013. Mappa italiana dei frutti dimenticati regione per regione. Spigoloso.com